La timidezza è un tratto normale della condizione umana; può esserci un iniziale ostacolo alla conoscenza di nuove persone, una tendenza a ritrarsi e a sentirsi in ansia e a disagio in situazioni che implicano una qualche forma di contatto interpersonale, ma anche rappresentare un aspetto apprezzato e fonte di attrazione.
Quando non viene vissuta in modo negativo e limitante, permette di raggiungere i propri scopi senza particolari difficoltà.
Anche l'autorevole periodico americano Time ha dedicato una copertina al "Potere della timidezza".
Pensare alla timidezza come a un difetto o, peggio ancora, a una malattia è profondamente sbagliato, anche se la società e i media rimandano spesso il messaggio per cui le persone timide hanno una scarsa autostima, soffrono di problemi d'ansia, non si integrano nei gruppi, ... un luogo comune che poche volte distingue la timidezza dall'ansia sociale.
La timidezza NON è una patologia.
Il timido è un fobico sociale?
Nelle situazioni sociali l'inibizione di fondo dei timidi li induce a mantenersi chiusi e riservati; i soggetti affetti da ansie sociali invece tendono spesso a evitare del tutto i contesti sociali.
Nelle situazioni nuove i timidi non prendono mai l'iniziativa e preferiscono restare in secondo piano, aspettandosi che siano gli altri ad avvicinarsi e a intavolare un discorso. Una volta ricevuto questo input riescono pian piano a rilassarsi e a dimostrare una buona competenza sociale; gli ansiosi sociali, al contrario, rimangono costantemente tesi per paura del giudizio negativo altrui e tendono ad evitare il più possibile ogni occasione di interazione.
La differenza tra le due condizioni quindi non è solo nella "quantità" (vedi grafico), ma anche nella "qualità" di questo disagio.
La timidezza non interferisce pesantemente con la riuscita scolastica, sociale e lavorativa dell'individuo; nonostante la ritrosia sociale e l'inibizione comportamentale, il timido vive il suo timore degli altri come una difficoltà iniziale, da affrontare e superare. Ha spesso un adattamento sociale soddisfacente, non tende a evitare sistematicamente gli incontri e le relazioni, come succede negli ansiosi sociali che percepiscono il disagio come invalidante e insormontabile.
Credo che la timidezza sia una condizione che vada innanzitutto accettata e vissuta il più serenamente possibile, non pensandola solo come a un "difetto" o come causa di tutte le proprie difficoltà, ma come un aspetto di sè che racchiude in sè anche qualità e sensibilità non comuni.
Troppo spesso invece si viene "spinti" a viverla come una "zavorra", qualcosa che frena, che fa perdere occasioni. Il mondo corre veloce (troppo!) e i timidi restano indietro, ma è davvero sempre così?
La timidezza acquisisce valore se al posto di "combatterla" ce la facciamo amica, la viviamo come una nostra peculiarità, che per "scoprirsi" al mondo ha bisogno di tempo. Forse è questo che manca al mondo, il tempo.
E tu come vivi la tua timidezza? Cerchi di nasconderla? Non la sopporti o la vivi serenamente come parte del tuo essere?
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